Zak the Baker è venuto nella campagna modenese, una delle due uniche aree al mondo in cui si produce un tipo molto speciale di aceto balsamico conosciuto come “tradizionale”, che ha origine nell’11° secolo. Zak ha incontrato Giovanni Cuocci alla Lucciola, un luogo in cui ogni lavorano e in parte vivono ragazzi e ragazze con la sindrome di Down, autismo e paralisi cerebrali. “The Artisans of Italy” è una serie tv digitale prodotta da Fusion, in cui Zak gira per l’Italia per incontrare gli artigiani di oggi.
Intendo il coraggio della fatica, di affrontare il dolore, di scoprire la diversità, il coraggio di concedersi il piacere nonostante storie e percorsi pieni di difficoltà. La convinzione di coltivare senza utilizzare diserbanti e pesticidi richiede il coraggio di andare incontro a fallimenti, alla morte di alcune piante.
La crescita delle piante del nostro orto è una ricca metafora della crescita umana. Come terapeuta penso sia importante premettere che ciò che è terapeutico non è coltivare l’orto in sé (può essere al limite piacevole) ma è il fatto di accompagnare il fare l’orto dal pensiero costante, è il fatto di condividere il lavoro, la fatica e poi i loro frutti. Non è l’orto-terapia così tanto di moda, ma è un modo di stare insieme, di affrontare la vita che forse la terra può insegnarci, se si ha il coraggio di ascoltarla.
Nel nostro orto adesso ci sono rigogliose bietole, piante di zucchine grandi e piante di zucchine piccole che hanno fatto fatica a crescere, piante di zucche da semi della Thailandia delle quali ancora non si capisce il destino, calendula, camomilla insieme ad erbacce in qua è in là, farinaccia, verde insalata, piantine di pomodori ancora piccolissime delle quali non bisogna dimenticarsi mai per non perderle.
È un piacere raccogliere i frutti maturi, l’attesa aumenta il desiderio.
Procura a tutti piacere vedere le file di pomodori, di insalata da una parte, dall’altra l’aglio, cipolle, i fagiolini rampicanti, tanti ortaggi diversi che insieme formano un’immagine affascinante. L’orto è attraente, mette in contatto il bambino e l’uomo con il ritmo della natura, coi temi fondamentali della vita, con valori delle origini: la nascita, la crescita, la maturazione, la morte. Ci mette a contatto con la terra, da dove veniamo, dove andiamo.
Quando noi vediamo la pianta della fragola fiorita sogniamo il momento della raccolta, il piacere della scoperta del pomodoro sotto le foglie, il gusto dolce del frutto che appena colto mangeremo.
Accorgersi della pianta fiorita evoca in modo immediato queste immagini e risveglia, come tutte le piante dell’orto, una forza che proviene dalla terra. La pianta è radicata nel terreno, se è ben radicata il fiore ha più forza, più colore. E così noi, se siamo ben radicati abbiamo uno sviluppo più forte, più vitale. È una dinamica di vita e di speranza che l’orto ci trasmette.
Occorre rivoltarla, quello che sta sotto viene sopra, quello che sta sopra va sotto. Si mescolano terra e cielo: viene alla luce qualcosa che sta sotto, si nasconde qualcosa che sta sopra.
Preparare il terreno esige mettere il sotto-sopra e il sopra-sotto.
Nella grande ricchezza di metafore che l’orto ci offre, pensiamo che un ribaltamento di posizione, di prospettive è condizione di crescita anche nell’orto dei pensieri.
Dice una bimba:
“i pensieri che nascono
qui sono coltivati
c’è un piccolo seme dove c’è scritto
per far crescere i pensieri
io lo so che voi tutti lo sapete
che i pensieri nascono e si possono far crescere
come una rosa che sboccerà”
Che esperienza di libertà è spargere il letame, buttarlo al vento nel campo, sapendo che è nutrimento prezioso per la terra!
Noi tutti andiamo e veniamo dal cumulo del letame al campo con carriole e forconi e copriamo tutto il terreno di letame.
È un’operazione lunga, faticosa, accompagnata dall’intenso odore del letame che è l’odore della stalla, delle mucche.
Le piantine nate in serra vanno messe a dimora nel campo quando hanno sviluppato le foglie e le radici. Se non hanno sviluppato le radici muoiono e non si possono mettere a dimora. Occorre un buon terriccio nutriente, acqua e sole perché si sviluppino le piantine, le radici succhiano il nutrimento dalla terra. La forza sotterranea delle radici che ama e nutre la pianta facendola germogliare, senza farsi vedere invita, spinge anche noi ad andare alla radice delle cose, delle cose che non vedono, rimanda al passato, a un amore che c’è e che non si vede.
È lento il tempo della crescita.
Bisogna imparare ad aspettare per raccogliere i pomodori, i piselli ed ogni prodotto, intanto dobbiamo prenderci cura delle piante che abbiamo messo nei solchi tracciati nel campo, sorvegliare la loro crescita, garantire la giusta dose di acqua, togliere le erbacce, difendere le piante dai parassiti.
Il tempo scorre, la pianta cresce, cambia continuamente e anch’io cambio, il tempo scorre e cambia anche me.
L’orto offre un’esperienza di educazione straordinaria al senso del tempo, nel dialogo costante con la pianta che cresce, di cui mi prendo cura, sperimento il suo cambiamento e anche il mio di cui non sono consapevole.
L’attenzione impegnata a ciò che sto facendo: ORA E QUI, tolgo le erbacce, nel piacere di fare una cosa che mi piace, posso tollerare le frustrazioni dell’attesa, aspettare il risultato del mio lavoro che ha bisogno di un tempo lungo.
Il senso più profondo dell’esperienza dell’orto è che una persona con problemi o meno, impara il piacere del prendersi cura di un pezzo di mondo e lavorando un pezzo di terra insieme agli altri, con fatica e con attesa, scopre la dignità del proprio essere nel mondo.
Sosteniamo l’importanza dell’agricoltura familiare, un’agricoltura di sussistenza attraverso la quale ognuno di noi può produrre per il proprio consumo non alimentando gli sprechi dell’agricoltura industriale. Il coltivare in agricoltura familiare significa tollerare la frustrazione di non avere tutto e subito sulla propria tavola. Significa forse concedersi e rispettare profondamente la propria dimensione umana, così simile alla terra.